Dopo l'occupazione "pacifica" dell'Austria, il Reich è esploso oltre le frontiere. La guerra ha investito l'Europa ed Hess nell'umido ufficio delle poste di Monaco, dov'è addetto alla corrispondenza dei soldati, segue sconvolto l'accavallarsi degli avvenimenti. Gli manca la carta e dietro le lettere dirette ai militari disegna vignette e caricature: suggeriranno, forse, un sorriso a chi le riceverà al fronte.
Dall'amministrazione postale ha l'incarico di eseguire, durante le ore libere, dei Manifesti. Lavora di notte: ha bisogno di guadagnare qualche marco in più perché ha i vestiti a brandelli ed ha fame.
Alla sorella, in Sicilia, scrive: "Qui mancano il tè ed il caffè; posso rinunciare anche a fumare, ma ti prego, mandami un po' di pane, anche duro".
La vita in Germania diventa sempre più difficile ed Hess sta male. Soffre di asma ed una violenta bronchite lo porta all'ospedale di Schwabing. Durante la convalescenza esegue con fatica degli affreschi in una sala della clinica.
Appena dimesso viene riiscritto alla Reichskunstkammer, ma deve produrre tutta la documentazione necessaria per attestare la sua origine ariana. Va quindi nel Wüttemberg, regione di origine del padre, per avere i certificati richiesti.
Al ritorno a Monaco le sue condizioni di salute peggiorano e il dubbio che ai polmoni ci sia qualcosa di grave diviene drammatica realtà. E sospeso dal servizio alle poste ed internato nel sanatorio di Planegg dove può ricevere le visite degli amici, disegnare e leggere. Può anche uscire ed incontra Cecilia alla quale le autorità elvetiche avevano revocato il permesso di soggiorno malgrado avesse divorziato da Hess. Sotto un cielo plumbeo parlano a lungo del loro matrimonio fallito, come di una vicenda estranea, senza rancori e illusioni.
Per Hess i giorni scorrono lentamente; ha davanti ancora tre lunghi mesi di degenza.
"Passeggio nei boschi dove sono liberi i daini e gli scoiattoli si fanno avvicinare e ora che è primavera sento rinascere la speranza di rivedere il sole dell'Italia".
Lo aveva invitato a Roma Karl Kasper che lavora alla villa Massimo, il cui vice rettore è Hans Stangl al quale Hess è legato da vecchia amicizia.
Ha pochi risparmi e all'uscita dell'ospedale non sa dove siano andati a finire i suoi quadri e, senza ormai più casa, decide di trasferirsi in Tirolo. Ad Axamx e ad Innsbruck ha dei parenti che lo accolgono, ma sono tempi difficili per tutti ed Hess comprende che è meglio recarsi a Grinzenz dove il clima è più favorevole alla sua salute.
E' oberato dai debiti e gli sono venuti a mancare anche 300 marchi al mese dopo la chiusura delle fabbriche di seta di Krefle per cui preparava i disegni dei tessuti.
A Grinzenz rimane pochi mesi, nell'albergo lascia i suoi quadri, poi va ad Innsbruck e dall'Unione artisti gli viene assegnato uno studio arioso e riscaldato nei locali dell'Università. Il professore Max Von Esterle lo aiuta, anche quando si mette nei guai inveendo per istrada o nei bar contro il nazismo.
Dal Sud Tirolo, intanto, affluiscono i profughi e la città è piena di sbandati. Non è possibile trovare una stanza in famiglia ed Hess è costretto ad affittare una costosa camera all'albergo Sailer in Adamgasse 8. Il pittore Max Weiler - che dal '64 fu professore all'Accademia di arti figurative di Vienna - ricorda Hess ad Innsbruck "che tossiva e che pitturava meglio di tutti gli artisti tirolesi di allora" (Krista Hauser).