Scrive ad un amico: "questa volta Roma è inospitale, le strade formicolano di preti e di gendarmi". Trasccorre giornate intere nelle gallerie e nei musei. Vi trova spunti, ed arricchisce la propria cultura per scorgere ancora meglio la via da seguire. E' il gennaio del 1931. Il freddo è intenso ed Hess che non aveva portato con sè sufficente vestiario, si ammala. Viene premurosamente curato dal personale dell'ambasciata tedesca a Roma e da alcuni amici venuti a trovarlo tra i quali Karl Hofer, il maturo pittore che aveva aderito ai movimenti artistici della nuova generazione.
Hess si rimette rapidamente e alla sorella che lo attende in Sicilia scrive: "desidero tornare in Germania, tra la mia gente, e voglio esporre in una mostra della "Juryfreien" un programma che unisca in un solidale impegno pittori, architetti e scultori perchè si possa realizzare la maggiore auspicata uniformità di sviluppo delle tre arti".
Il "Mûnchener Zeitung" dà risalto all'iniziativa, che solo più tardi sarà ripresa da altri, e "Jugend" dedica ad Hess la copertina.
Giorno dopo giorno, si addensano sulla Germania i segnali di profondi mutamenti politici. Le classi intellettuali percepiscono per prime il pericolo e comprendono che è in gioco la libertà. Molti, nell'impossibiltà di far corpo contro la dilagante adesione al nazionalsocialismo, prendono la via dell'esilio, mentre per le strade , nelle sale, dappertutto, il colore dominante è il bruno è negli ambienti della cultura ufficiale si esalta la mitica civiltà germanica. Hess rimane. Pensa che l'arte possa restar fuori da ogni interferenza; crede fermamente che la libertà di espressione non debba venir calpestata e nel suo studio dell'Amministrasse, ancora frequentato da pochi amici, si impegna con fervore a trasformare la sua pittura nella quale sente di aver assimilati gli insegnamenti di Gauguin e di Matisse e la lezione di Picasso, di Braque e di Kandinsky. Delle sue opere non gliene piace nessuna, teso com'è verso l'astratto ed il moderno e a formulare un linguaggio che possa rendere visibile il suo travaglio spirituale e la sua angoscia di fronte all'inquietudine dei tempi.
Nella mostra del '32 vende il grande olio "Sala d'attesa di terza classe" che verrà poi esposto in una galleria a Londra ed acquistato dal dott. Lino Manzoni di Milano.
Lo scultore Karl Kasper gli scrive da Brauenburg am Inn una lettra di solidarietà, assicurandogli che cercherà anche di aiutarlo ad ottenere l'annuale Montstipendium.
Hess deve intanto trasferirsi in uno studio, questa volta così angusto che non è possibile farvi entrare le grandi tele su cui egli soleva esercitarsi. Hess vive alla giornata, convinto ormai che "le previsioni per il futuro non sono più rosee nè politicamente nè economicamente".
Alcuni suoi quadri affidati all'Unione artisti tedeschi di Berlino si trovano in una esposizione viaggiante attraverso Norimberga, Koenigsberg, Danzica e Rostock e vengono venduti, ma "nella nuova esposizione di Monaco - scrive Hess alla sorella - non vi sarà alcun quadro di noi giovani. E' un momento amaro; con la pittura non vi è più nulla da fare in Germania. Mandami - dice allora in tono ironico - delle ricette: farò il cuoco..." "Meno male che ho molti amici all'estero e posso mandargli i miei quadri".
Karl Hofer gli fa vendere in Svizzera un olio per mille marchi, e Cecilia Faesy, figlia di un banchiere svizzero che aveva conosciuto Hess a Monaco, gli colloca a buoni prezzi parecchie tele.
I rapporti con la ragazza, in un primo tempo soltanto d'affari, divengono presto amichevoli a Cecilia - che non si era ancora del tutto ripresa dalle conseguenze di una sua drammatica vicenza - è la compagna del nuovo viaggio del pittore in Sicilia dove poi la sposerà.
Insieme visitano l'isola ed il soggiorno si conclude ad Agrigento da dove ripartono per la Svizzera.